Quando parliamo di filosofia e di cura di sè filosoficamente orientata, rischiamo spesso di pensare che la filosofia sia una pratica individuale, che parte dal soggetto e solo al soggetto si riferisce. In realtà la filosofia è interrogazione del senso del vivere e quindi è ricerca di orientamento dell’esistenza. Questo orientamento è dato da valori, credenze, significati, oltre che da relazioni e conoscenza di sè.

L’essere umano che sceglie la filosofia come stile di vita,  non può certo prescindere dal conoscere il suo mondo interiore farsene carico, ma non può ignorare il mondo in cui vive, che lo sollecita, lo orienta o lo disorienta, lo interroga e gli chiede di collocarsi in una ricerca costante di coerenza tra pensieri, parole e scelte concrete; coerenza senza la quale c’è mancanza di centratura, c’è confusione, c’è inquietudine.

Vivere filosoficamente significa stare esplicitamente nella domanda di senso che connota l’umano e farsene carico sia nella cura di sè, sia nell’accettazione consapevole della trascendenza verso gli altri, il mondo e la natura (si veda per approfondimenti il testo di P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica). Significa quindi compiere un percorso di trasformazione individuale, di conversione costante verso la consapevolezza di sè avendo contemporaneamente sempre anche cura del mondo e delle relazioni che ci ospitano, che ci connotano, che ci precedono e che ci seguiranno. Un percorso filosofico, spirituale direi, che si fermi al proprio ombelico è un percorso zoppo e non è realmente filosofico.

Il filosofo si occupa di trasformare se stesso quanto il mondo, assume su di sè le interconnessioni e le interdipendenze da cui è connotato e che anche se non le riconosce e le tace lo costituiscono in ogni azione e in ogni scelta. La vita filosofica, o meglio per me è dire “la filosofia come stile di vita” è quella vita che assume su di sè l’esistenza sia come questione individuale sia come questione collettiva. E oggi più che mai, alla luce di ciò che stiamo vivendo, la vita filosoficamente vissuta è quella che accoglie la vulnerabilità dell’essere umano, la sua fragilità, la sua finitudine e se ne fa carico perchè solo nell’apertura all’altro e dell’altro si trova cura, conforto, possibilità di futuro. Senza trascendenza, senza apertura, senza capacità di cura il mondo si restringe, le possibilità di rinascita si riducono, la felicità diviene un miraggio o un lontano ricordo.