Ognuno di noi attribuisce al tempo un significato differente. La filosofia e amica Cristina Trabucchi ha messo in evidenza alcune di queste accezioni molto comuni.

©Cristina Trabucchi

La clessidra dell’esistenza 

Con gli occhi di  ragazza guardo mia madre al suo cinquantesimo compleanno. Ricordo le sue parole: “il tempo passa in fretta e non te ne accorgi nemmeno.. “. E’ così anche per me alla soglia dei miei primi cinquant’anni? Il tempo è stato quel “signore distratto ” cantato da De Andrè? Sono tentata di rileggere i miei diari, forse per interrogare il tempo della vita custodito dalla mia scrittura. Loro raccolgono gelosamente anche tutti i biglietti di auguri di amici, parenti, fidanzati, regalati per i miei compleanni. Uno in particolare attrae la mia attenzione. Una dedica. Una frase, una citazione di  Nietzsche recita “L’eterna clessidra dell’esistenza sarà sempre di nuovo rovesciata, e tu con essa, piccolo gratinello di polvere”.

In compagnia dell’Eremita

Mi sento come l’Eremita di quel mazzo antico di Tarocchi dei Visconti: un anziano canuto, forse un po’ curvo per il peso degli anni. In mano una clessidra. La osserva. Ho mai osservato la mia vita attraverso l’immagine-metafora della clessidra? Da quale prospettiva guardiamo il tempo che ci è dato? Su quale parte della clessidra ci focalizziamo? Il nostro tempo è sempre la clessidra piena del tempo che verrà, carico di progetti, di sogni, di incontri o di timori? O il nostro sguardo si fissa sull’ampolla di sotto, sul tempo trascorso, quello che non tornerà, vissuto con pienezza, carico di ricordi o forse di rimpianti? A volte ho tentato di scuoterla, impaziente verso il passaggio dei granelli di sabbia che non si decidevano a scivolare. E forse, la maggior parte delle volte ho guardato a quell’ampolla del tempo che sarebbe stato, rispetto a quello trascorso in cui la sabbia riempie l’ampolla di sotto. Rileggere i miei diari è un po’ come rovesciare la clessidra, ritornare alle origini. La sabbia è la stessa e scende di nuovo.  Ma tutto mi appare diverso. E’ un tempo nuovo, forse più consapevole. Ma di quale consapevolezza è portatore?

Il desiderio di vivere

Sulla  soglia dei miei primi cinquant’anni, mi soffermo ad osservare  cosa accade in quel piccolo foro che collega le due ampolle, in quel varco in cui ogni granello di sabbia trova il suo tempo e il suo spazio per scendere. In quella apertura  il sopra e il sotto trovano la loro connessione, ciò che è stato e ciò che sarà uniti da un sottile filo di sabbia in movimento nel qui ed ora. Scopro il desiderio di vivere in pieno questo tempo giusto per ogni cosa, senza forzature, senza scossoni alla clessidra, o capovolgimenti prematuri. L’attimo in cui il piccolo granello trova il giusto momento per il compimento del proprio movimento, del proprio essere. L’attimo della qualità più che  della quantità. Certa che la clessidra dell’esistenza sarà sempre di nuovo rovesciata.