“La leggerezza non è una condizione che alcuni hanno avuto la fortuna di avere in dote con il loro mazzo di carte ma “una pratica che deve essere attuata, costantemente ricercata e coltivata, sostenuta quotidianamente come scelta di trasformazione del proprio modo di vedere se stessi e il mondo”, (p.67). La leggerezza appare dunque un vera e propria proposta formativa (ci sono capitoli dedicati alle agenzie educative degli adolescenti) nella direzione della formazione permanente, non tanto o non solo per raggiungere un cambio di mentalità ma per esercitarsi a sperimentare, conoscere, valorizzare e, appunto educare, qualità e potenzialità d’essere che non sapevamo di avere o che avevamo dimenticato di avere. Un antidoto, spiega l’autrice, alla rassegnazione con la quale gli esseri umani, come sosteneva Freud, “in mancanza della felicità gli uomini si accontentano di evitare l’infelicità”.