“La morte è il regno della grande delicatezza” (p.25).
Una frase così, tra le tante meravigliose che Bobin scrive in questo libro, ha in sé qualcosa di dolce e profondo che raramente siamo abituati ad accostare all’evento della
morte e all’idea che abbiamo di lei.
Inizia così la mia introduzione ad un libro delicato, poetico, profondo e meraviglioso appena pubblicato dalle edizioni Anima Mundi di Otranto.
alcuni assaggi del testo? eccoli:
“Ho capito che lo spirito, ciò che noi chiamiamo
“spirito”, è la vita nella sua massima intensità,
è il respiro che nulla può ostacolare. Perché la
primavera ci emoziona tanto? È l’immagine dello
spirito, della vita. (p. 41)”
“La bellezza è un bene elementare di cui
abbiamo bisogno. Dovrebbe essere concessa a
tutti, anche ai morti. Abbiamo tanto bisogno di
bellezza quanto di pane. (p. 43)”
“Forse – in una poesia o in una musica – riusciamo
a sentire ciò che i morti sentono: la vita al suo
stadio più sottile, il brusio dell’eterno. Sogno un
mondo in cui le cose più delicate e le più dolorose, che spesso sono le stesse,
possano sciogliersi tanto delicatamente quanto i lacci di una scarpa
da bambino. (p. 43, 44)”