Sto mettendo ordine tra i miei oggetti, con la speranza che questo mi aiuti a mettere ordine anche tra i miei pensieri.
E tra le tante cose mi arriva tra le mani una toppa, quelle che cucivi sugli abiti – si fa ancora? – perché hai un buco o perché ti piace un simbolo, o perché fai parte di qualche gruppo di cui devi esibire vari simboli di appartenenza. La toppa in questione era di mio padre: ricordo che mi madre gliela aveva cucita su una giacca sportiva che indossava quando io ero piccola e lui si dedicava al volo a vela, quel volo che si fa su un aliante privo di motore, dotato di grande apertura alare, che viene portato in cielo da un aereo a motore che lo traina con un cavo di acciaio e poi lo sgancia in quota.
Da bambina stavo al campo volo a guardare questa scena molto spesso e ricordo ogni volta il fremito che mi percorreva tra paura ed eccitazione quando il cavo si staccava e l’aliante iniziava a planare libero, sostenuto solo dalle correnti. In balia di sé e dei venti.
Non ricordavo da tempo questa scena e tanto meno avevo in mente questa toppa fatta da tre gabbiani in volo.
E come per magia mi si rivela chiara e ancora più bella l’immagine del mio logo, che accampa sul mio sito, come non l’avevo mai notata: dalla M del cognome si liberano e si librano in volo due gabbiani, non più vincolati alle forme ingessate di segni su un foglio, ma liberi di volteggiare ed andare altrove, senza che nulla venga distrutto o scomposto per questo.
La cosa curiosa è che non l’ho creato io ma Mauro e il suo staff, dell’ Ideificio di Milano (grazie ancora ragazzi!) e io quando l’ho visto nella sua potenza e semplicità, l’ho riconosciuto e l’ho scelto, ma non sapevo perché. Ora, come spesso accade, i pezzi della storia si compongono e come sempre è bellissimo quando accade e tutto magicamente prende forma.
Così ritrovo le mie radici e i miei voli, tessuti in una forma inedita – che è la mia – come è giusto che ogni storia possa generare.
E guardo questo volo, da me sempre desiderato e temuto, simbolo di libertà ed evocazione di solitudine.
Chissà se come canta Jovanotti “la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare”?
Che sia ora di spiccare il volo?! Con fiducia e coraggio? Me lo auguro, te lo auguro.