Il diritto a una cura che abbia al centro la qualità della vita del paziente fino alla fine, per esempio attraverso la sedazione palliativa, passa dall’informazione corretta alla cittadinanza e da una buona formazione ai curanti.

Impariamo ad informare correttamente sulla sedazione palliativa

La disinformazione nuoce, la strumentalizzazione degli eventi nuoce, specie a chi soffre. Allora serve formazione per gli operatori sanitari, informazione alla società civile, apertura di dialoghi scomodi e complessi, ma necessari in un paese civile che si occupi di vita, fino alla fine. Il testamento biologico torna in aula, bene. Ma molto si è già legiferato, la chiarezza è maggiore e le cure palliative sono una realtà che va sostenuta, fatta conoscere, applicata in vari ambiti della cura e in tutto il territorio nazionale.

Come vorrei morire quando mi toccherà?

La vita deve essere sostenibile, tanto più quando è una vita fragile, ferita, destinata alla morte. I malati e i loro famigliari chiedono di non essere abbandonati, di essere compresi, di essere rispettati, di non veder aggiungere dolore al dolore. Chiedono il rispetto della dignità, chiedono di vivere e morire secondo i valori che li hanno guidati nella vita. Come vorrei morire quando mi toccherà? Ce lo siamo mai chiesto? Non decideremo di morire, lasceremo che la vita decida il suo tempo, ma teniamoci il diritto di avere voce sul modo in cui moriremo, se ci interessa farlo.

Il 18 febbraio è uscito un articolo sul Corriere della Sera che vuole chiarire, anche con l’aiuto delle parole di Luciana Biffi (paziente affetta da Sla ricoverata presso Villa dei Cedri di Merate-LC), la netta distinzione tra sedazione palliativa ed eutanasia.