Bisogna cambiare l’idea e il paradigma che abbiamo di felicità, che è troppo autoreferenziale e a rischio costante di fallimento. Lo sostiene Alessandro D’Avenia.

La felicità è proprio dove la vita è fragile, dove si dona ed è gentile, dove l’esistenza si rischia. Come la Ginestra di Leopardi che fiorisce nel deserto. Il suo ultimo libro si intitola Ogni storia è una storia d’amore e da tre settimane scrive ogni lunedì per il Corriere della Sera Letti da rifare. Alessandro D’Avenia, chiacchierando sulle questioni che le carte della PhiloIntervista gli propongono, dipinge un quadro della felicità che intreccia maestri, letture, esperienze, punti fermi – che individua nei suoi genitori – e valori in cui crede fermamente. Pennella anche una precisa e forte idea di educazione che riporta gli adulti a ripensare se stessi, prima di tutte sempre. Racconta, poi, che ha scoperto di voler fare l’insegnante a 17 anni grazie ad un professore di lettere che gli propose – inaspettatamente e coraggiosamente – la lettura di Holderlin e che capisce invece come vuole fare l’insegnante dall’esempio del suo professore di religione don Pino Puglisi, che vene ucciso quando D’Avenia iniziava la IV superiore, il 15 settembre del 1993. Da tutto questo il suo riflettere, ricercare, condividere non si ferma più, come un fuoco che si è acceso.

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